Canale d'Agordo, siti storici e museali
Canale d’Agordo è l’antico centro storico e religioso della Valle del Biois, chiamata anche “la valle coi santi alle finestre”, per i numerosi esempi di antichi affreschi votivi che decorano le facciate esterne delle abitazioni.
Il paese è anche noto per essere il luogo natale di Albino Luciani, Papa Giovanni Paolo I (1912-1978), di cui è visitabile la casa natale e il museo a lui dedicato, gestiti dalla Fondazione Papa Luciani di Canale d’Agordo Onlus, ente comunale.
In esso nacque anche il paesaggista Giuseppe Zais (1709-1784) le cui opere sono esposte alla National Gallery di Londra e di Edimburgo e il pittore Giuliano De Rocco (1934-2023).
A fianco del museo è possibile visitare la chiesa arcipretale di San Giovanni Battista, (dove egli ricevette i primi sacramenti), documentata dal XIV secolo, all’interno della quale si possono ammirare opere di prestigio come l’altare di Dante Moro, il tabernacolo di Andrea Brustolon, l’organo di Gatano Callido, le statue e i bassorilievi di Amedeo da Pos.
Da Piazza Papa Luciani (già Piazza della Pieve) si sviluppa per ca. 2 km, in direzione di Caviola e Falcade, il percorso della Via Crucis, costituito da 15 massi di dolomia su cui sono poste fusioni in bronzo di Franco Murer ed inaugurato in occasione del trentennale dell’elezione di Albino Luciani (2008).
A circa 200 m dalla Piazza è attualmente visitabile anche la casa natale di Albino Luciani.
Nel centro storico di Canale d’ Agordo si trova, ancora, l’antica Casa delle Regole della Val del Biois, splendido edificio affrescato del 1640 e il Giardino della Memoria, una ricostruzione in miniatura delle battaglie della Campagna di Russia (1941-1943), in cui persero al vita molti soldati agordini.
A Canale d’Agordo vale la pena citare, ancora, la prima Latteria Cooperativa d’Italia (1872, edificio del 1890), nata ad opera del sacerdote del cooperativismo, don Antonio Della Lucia (1824-1906) e la creazione di una delle prime birrerie d’Italia, fondata dall’avvocato Giovanni Zannini.
Infine, nella frazione alta di Fedèr è situato il Museo della Latteria, ristrutturato nel 2004, il quale contiene strumenti e manufatti originali un tempo impiegati per la lavorazione del latte.
Nella vicina frazione di Fregona è possibile visitare l’antica latteria con un allestimento specifico dedicato alla fienagione, mentre nell’adiacente borgo di Carfon è visitabile la vecchi latteria restaurata al cui interno troviamo un bellissimo museo dedicato al poeta contadino Valerio Da Pos (1740-1822), nato e morto nel villaggio e un allestimento etnografico.
A pochi chilometri di distanza, nel vicino comune di Vallada Agordina, c’è la stupenda chiesa San Simon di Vallada Agordina (1185), monumento nazionale dal 1877, contenente uno stupendo ciclo di affreschi del Paris Bordone e un Fluegelaltar brissinese del 1525, con l’annessa Schola di Santa Maria dei Battuti del 1361, anch’essa affrescata. Entrambi gli edifici sono stati recentemente restaurati.
La Fondazione Papa Luciani dal 2021 ha istituito l’Ecomuseo Valle del Biois, uno dei 4 ecomusei riconosciuti dalla Regione Veneto e che comprende tutti i siti culturali, naturalistici, storici ed artistici della Valle Biois.
Il Museo Albino Luciani
Nella piazza principale del paese, in una palazzina quattrocentesca adiacente alla chiesa della Pieve di San Giovanni Battista, sorge il Museo a lui dedicato, inaugurato ufficialmente il 26 agosto 2016 dal Segretario di Stato Vaticano, il Cardinale Pietro Parolin.
Il museo è gestito dalla Fondazione Papa Luciani Onlus.
L’esposizione permanente ha come obiettivo quello di far conoscere la vita e l’insegnamento di papa Giovanni Paolo I. La grandezza della figura di Albino Luciani emerge anche dalla conoscenza del contesto storico in cui è nato e cresciuto, l’antica Pieve di Canale d’Agordo, che vide maturare la sua vocazione e ne determinò la personalità. Un moderno percorso multimediale, con audio, video, teche illuminate e pannelli descrittivi, introduce il visitatore, facendogli assaporare l’avvolgente atmosfera della montagna bellunese, che diede vita al famoso Papa delle Dolomiti.
L’allestimento museale ricostruisce l’ambiente e la vita di papa Giovanni Paolo I, iniziando dall’humus secolare dell’antica Pieve di San Giovanni Battista di Canale d’Agordo, fulcro della vista sociale e religiosa della Valle del Biois. Dopo un’introduzione sull’ambiente montano della fine del XIX secolo e una descrizione dell’imprescindibile figura di don Antonio Della Lucia – grande promotore del cooperativismo a livello nazionale – viene ricostruita l’infanzia e la giovinezza del futuro Papa attraverso vari oggetti: dalla collana che la mamma aveva venduto per pagargli gli studi in Seminario, alle pagelle delle Scuole Elementari; dall’armonio su cui aveva imparato a suonare, ai libri e alla valigetta del Seminario; dai suoi documenti personali agli indumenti utilizzati da vescovo, patriarca e Papa; dal calice utilizzato gli ultimi giorni fino agli occhiali indossati al momento della sua morte.
Viene ripercorsa la sua vita con l’ausilio di quattro cortometraggi che trattano la storia del suo ambiente, gli educatori conosciuti nell’infanzia, il periodo vittoriese, quello veneziano e infine l’esperienza papale, con immagini, riprese amatoriali raccolte nel corso degli anni, fotografie e commenti che rendono vivace la visita.
Un servizio di audioguida in sette lingue rende comprensibile il percorso a persone di lingua inglese, tedesca, francese, spagnola, portoghese, polacca e italiana.
Il museo è frutto dell’impegno dell’Amministrazione comunale di Canale d’Agordo, in particolare dei sindaci Rinaldo De Rocco (2008-2018) e Flavio Colcergnan (2003-2008, 2018-2023). Presso la sede della Fondazione Papa Luciani – nata nel 2009 e che gestisce il Museo creando servizi di visite guidate e assistenza ai visitatori e ai pellegrini– è stato costituito pure un centro studi e una biblioteca specializzata per rispondere alle necessità di visitatori e studiosi. Tale istituzione colleziona documenti, fotografie, oggetti e libri relativi a Papa Luciani e ai luoghi che lo hanno formato, in particolare la valle del Biois, che lo ha visto nascere e crescere.
La casa natale di Albino Luciani
La casa natale del futuro Papa è una umile costruzione del XVIII secolo, riadattata a fine Ottocento dalla famiglia Tancón Cròck, insieme all’adiacente tabià (fienile) con stalla. È situata nella zona centrale del paese, in un vicolo chiamato Rividèla, a Canale d’Agordo. L’edificio è costituito da due cantine e due stanze con caminetto al primo piano. Il secondo piano, invece, è formato da altre due stanze abitate prima dalla famiglia Tancón Cròck (1879-1961) – che gestiva il vicino panificio – e poi, per un certo periodo, da un ufficiale del Genio Militare addetto alle ricognizioni per il sito geografico. Tra il 1901 e il 1902 Giovanni Luciani, padre di Albino lascia la casa paterna di Sofràide (zona a est della chiesa di Canale d’Agordo), dove aveva abitato dall’infanzia, e va ad abitare nella casa di Rividèla nelle due stanze del primo piano, usufruendo del fienile annesso e della stalla, dove alleva una mucca. Dal matrimonio nascono cinque figli: Amalia (1900-1939), Pia (1902-1969) e tre bimbi che muoiono tutti dopo pochi mesi con il nome di Albino, rispettivamente nel 1904, 1905, 1906. Il 27 dicembre 1906 muore pure la moglie Rosa Fiocco a causa di tubercolosi. Così per alcuni anni Giovanni rimane vedovo con due figlie sordomute da accudire, finché nel 1911, sposa in seconde nozze, Bortola Tancon (1879-1948), dalla quale ha quattro figli: Albino, (futuro Papa, 1912-1978), Tranquillo Federico (1915-1916), Edoardo (1917-2008) e Antonia (1920-2009). Viste le nuove esigenze, Giovanni, con l’aiuto della moglie Bortola – che aveva risparmiato dei soldi lavorando a Venezia – acquista anche il resto della casa dalla famiglia Tancón Cròck appena prima dello scoppio della Grande guerra. Dopo la morte dei genitori del futuro Papa (Mamma Bortola muore nel 1948 e papà Giovanni nel 1952) e in seguito al matrimonio della sorella Antonia, nella vecchia casa rimarrà solo la nuova famiglia di Edoardo Luciani, che nel 1959 dovrà abbattere l’annesso tabià (fienile) e allargare l’abitazione per dare spazio ai suoi dodici figli, nati tra il 1945 e il 1965. Da quel momento la casa assumerà la configurazione attuale. Qui tornerà spesso il futuro vescovo Albino a trovare fratello, cognata e nipotini e a passare qualche giorno di riposo, in una stanzetta a lui assegnata. L’ultima sua fugace visita risale al 29 giugno 1978 quando, dopo essere stato ad Agordo per festeggiare il santo patrono, passa a salutare la sua famiglia.
La casa è stata abitata dal fratello Edoardo fino alla sua morte, avvenuta il 10 marzo 2008, insieme alla moglie Antonietta (1920-2005). Dopo la morte di Edoardo, è rimasta in gestione ai suoi figli, ed è stata infine acquistata dalla diocesi di Vittorio Veneto, grazie alla donazione del Cardinale Beniamino Stella, il 27 giugno 2019.
È stata aperta al pubblico dallo stesso Card. Stella, Postulatore della Causa di Canonizzazione di Papa Giovanni Paolo I e Prefetto della Congregazione per il Clero, il 2 agosto 2019.
La casa si apre su un ampio giardino, sul quale si affacciano due stanze: quella che un tempo era la vecchia stalla e quella che era utilizzata dal padre di papa Luciani, Giovanni, come laboratorio; stanza che oggi diventa l’ingresso per le visite. Entrando dall’ingresso del giardino, al piano terra, sulla sinistra si trova la càneva (cantina) dove la mamma custodiva le patate, e i generi alimentari, mentre oggi sono disposti gli attrezzi di lavoro di papà Giovanni. L’antico pavimento di laste (pietre grezze utilizzate come piastre) conclude il piano terra da cui si dipartono le antiche scale in legno percorse dal piccolo Albino tante volte, con la caratteristica porta d’ingresso in legno sul retro. Le scale conducono alla cucina dove Mamma Bortola cucinava per i suoi figli. Nel luogo dell’antico caminetto si trova oggi una stufa a legna. L’arredo della cucina conserva ancora intatta la credenza (armadio-vetrina per le stoviglie) e la madia (mobile per contenere le farine) originali, mentre il resto dell’arredo fu vissuto da Albino Luciani quando, da sacerdote e vescovo, era ospite del fratello. Dalla cucina si apre la stua, l’unica stanza riscaldata della casa grazie al fornèl (forno ricoperto di maiolica) caratteristico in tutte le Dolomiti. In questa stanza nacque, il 17 ottobre 1912, il piccolo Albino Luciani, che fu battezzato dalla levatrice Maria Fiocco “per imminente pericolo di vita” (il cordone ombelicale gli si era attorcigliato intorno al collo!). Il veloce intervento della levatrice gli salvò la vita, ma per sicurezza, su richiesta della famiglia, lei volle assicurargli la salvezza eterna. Passato il pericolo, il neonato fu portato alla chiesa di San Giovanni Battista, dove sul fonte battesimale della Pieve, gli fu riconosciuto valido il primo battesimo amministrato e vennero supplite le cerimonie mancanti dal cooperatore don Achille Ronzon, mentre la madrina Angela Luciani teneva in braccio il piccolo. In questa stanza – arredata in maniera molto sobria – soggiornava Albino Luciani da prete, vescovo e patriarca. Sulle due poltrone sedettero, il 26 agosto 1979, San Giovanni Paolo II e il Primo Ministro Francesco Cossiga in occasione della prima visita ufficiale all’Italia voluta da Karol Wojtyla come omaggio al suo predecessore, che stimava molto. Il percorso continua quindi con la visita del piano superiore, dove si trovano varie stanze: la camera da letto di Albino ed Edoardo, la camera delle sorelle Antonia e Amalia, la camera dei genitori, la stanza riservata al vescovo Luciani e la stanza da letto dei coniugi Edoardo e Antonietta, con i rispettivi ricordi. Nel ritorno, scendendo di nuovo al primo piano, sul pianerottolo, si intravede la stanzetta in cui cuciva la sorella di papa Luciani, Pia, divenuta suora del Cottolengo a Torino. Con lei Albino mantenne sempre un rapporto di vero affetto, fino alla sua morte, avvenuta nel 1969.
La soffitta è stata completamente restaurata e attualmente è adibita a saletta riunioni e video.
Nel garage è attualmente esposta la Lancia Flavia appartenuta al Patriarca Luciani quando era a Venezia.